New York (USA): autorizzata Class action contro noto social network

di Maurizio Gardenal, Avvocato, Carlotta Colace, Dottoressa, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 25 gennaio 2016

Il 29 dicembre 2015 la United States District Court – Southern District of New York ha pubblicato una pronuncia sul caso “In Re: F., Inc., IPO Securities and Derative Litigation – Case No. 12-md-2389-RWS” (cfr. link della pronuncia: clicca qui ) concedendo la certificazione di class action – ai sensi della Rule 23 del Federal Rule of Civil Procedure (cfr. link con testo della normativa: clicca qui ) – alle cause avviate da gruppi di investitori di un noto social network ( di seguito anche ” la società ” ) con le quali costoro contestavano a quest’ultimo di non avere esposto chiaramente nel mese di maggio 2012, nell’ambito dell’offerta pubblica iniziale – Initial Public Offer – le previsioni inerenti alle proiezioni di crescita della società.
Accordando tale certificazione, la Corte statunitense ha inteso riconoscere agli investitori ricorrenti la facoltà di proseguire nelle proprie azioni giudiziarie come “gruppo” in virtù dell’istituto della class action.
Giova precisare che la certificazione in parola è stata concessa dalla Corte distrettuale statunitense, riunendo in class action le singole azioni instaurate dagli investitori, sul presupposto che si tratti di un caso “di straordinaria portata” oltre al fatto che le singole vertenze evidenziano problematiche pressoché identiche.
Il social network ha proposto appello avanti la Corte Federale di Appello di Manhattan contro la pronuncia del 29 dicembre 2015, con richiesta che gli investitori proseguano le proprie rivendicazioni in maniera individuale, senza, quindi, essere riunite in class action, come invece disposto.
Al fine di meglio comprendere le doglianze insorte nei confronti del social network si osserva che il 18 maggio 2012 la società ha pubblicato la propria offerta pubblica iniziale, sulla base della quale sono state esposte al pubblico degli investitori le proiezioni di crescita dell’impresa e le aspettative di fatturato degli anni a venire nonché il prezzo per ogni singola azione che veniva fissato a 38 USD. Con tale offerta la società faceva il suo ingresso nel mercato azionario, vendendo circa 421 milioni di azioni e ottenendo così un ricavo pari a circa 16 miliardi USD.
Pochi mesi dopo la pubblicazione dell’offerta pubblica iniziale, il 4 settembre 2012, il valore delle singole azioni del colosso del web è crollato a 17,55 USD. Tale pesante ribasso sembrerebbe ricondursi alla “migrazione” nell’utilizzo del social network dal computer fisso al telefono cellulare: i principale effetti di ciò sono stati – invero – la riduzione degli spazi pubblicitari e la relativa diminuzione dei ricavi, dal momento che l’ammontare delle pubblicità presenti sull’applicazione per cellulari è nettamente inferiore rispetto a quello che si rileva accedendo dal computer fisso.
Nella descritta situazione, gli investitori lamentano alla società di non avere chiaramente indicato nelle proiezioni disposte nell’offerta pubblica iniziale il pericolo di una netta variazione nel prezzo delle azioni e nel fatturato societario.
Inutile dire che la società ha interesse a scongiurare la class action che, per le modalità “collettive” che la contraddistinguono, potrebbe generare l’adesione di un numero molto elevato anche di piccoli azionisti moltiplicando l’entità complessiva della richiesta risarcitoria.
Il tema, che ha una valenza significativa potendo interessare più in generale il più ampio contesto dei social network, resta aperto in pendenza dell’appello.

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