Resta incerta l’applicabilità dell’arbitrato internazionale a Dubai

di Maurizio Gardenal, Avvocato, e Carlotta Colace, Dottoressa, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano

Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 29 gennaio 2015

Come noto, un numero sempre maggiore di operatori italiani ha investito negli Emirati Arabi, ed in particolare a Dubai.
L’intensificarsi dei rapporti d’affari ha generato, come normale conseguenza, l’insorgere di contenziosi tra società italiane e imprese locali.
A tal proposito, vale evidenziare che il 21 agosto 2006 gli Emirati Arabi (di cui Dubai fa parte) hanno ratificato la Convenzione di New York del 1958 (la c.d. Convenzione per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere). Tale trattato impone il divieto agli Stati firmatari di fissare condizioni più gravose, in materia di riconoscimento ed esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, rispetto a quelle previste per le proprie sentenze arbitrali. Ciò comporta un beneficio considerevole, poiché un lodo arbitrale rituale emanato in Italia dovrebbe trovare una rapida ed efficace esecuzione nel territorio degli Emirati Arabi e viceversa.
Al contrario, occorre segnalare che tra gli Emirati Arabi e l’Italia non sussiste alcun accordo in merito al riconoscimento delle sentenze straniere.
Di conseguenza, nel caso in cui una disputa, tra operatori dei due Paesi, fosse promossa dinanzi ad un giudice italiano, l’eventuale provvedimento emesso da quest’ultimo non sarebbe riconosciuto e posto in esecuzione a Dubai, salvo l’avvio con esito finale favorevole di complesse procedure locali.
Alla stessa stregua, i provvedimenti giudiziari delle Autorità del Paese arabo non sarebbero esecutivi nel nostro Paese se non dopo avere completato con esito positivo le relative procedure di legge.
Per le suesposte ragioni, nei contratti tra società italiane e locali è frequente l’utilizzo di una clausola arbitrale internazionale a presidio dell’eventuale insorgenza di controversie tra le parti.
Nondimeno, giova porre in rilievo che a Dubai l’arbitrato è disciplinato con modalità differenti e con limiti locali inderogabili, come meglio precisato di seguito.
In particolare, se una società italiana conclude un contratto con un ente governativo di Dubai o con società che hanno una prevalente partecipazione governativa, la clausola arbitrale eventualmente inserita nel testo contrattuale deve essere redatta nel rispetto dell’art. 36 della Government Contracts Law (6/1997), il quale limita sensibilmente la libertà delle parti nella stesura della clausola stessa. L’articolo, invero, dispone, fra l’altro, che la sede dell’arbitrato debba essere fissata a Dubai e che la legge applicabile al contratto debba essere la legge locale.
Va detto anche che, sebbene il governo di Dubai sia presente in molte società, l’ambito di applicazione della Government Contracts Law non è esteso in modo incondizionato a tutte le realtà industriali. Sono state, infatti, previste alcune categorie industriali nei cui confronti la Government Contracts Law non trova applicazione.
Inoltre, le parti hanno facoltà di instaurare l’arbitrato internazionale nella offshore di Dubai, ossia presso il Dubai International Financial Center (DIFC). Questa regione, definita come free zone, è stata costituita nel 2004 con l’intento di creare un’area, all’interno di Dubai, nella quale poter svolgere attività di commercio internazionale. Come noto, tale territorio è considerato uno dei centri finanziari in più rapida crescita, attraendo ogni anno un numero sempre più elevato di società.
Sono molteplici le peculiarità che caratterizzano il DIFC. Si tratta in primis di una giurisdizione autonoma, indipendente rispetto al resto degli Emirati Arabi. Ha altresì proprie normative in ambito civile e commerciale, redatte in inglese ed ispirate ai principi della common law (nel caso di lacune normative è previsto, ad esempio, il rinvio a quanto sancito dalla legge inglese). Dispone di propri tribunali ed i giudici provengono per lo più da Paesi di common law, quali Singapore, Inghilterra ed Hong Kong.
Instaurare un arbitrato nel DIFC offre il vantaggio che le parti contrattuali potranno richiedere di applicare la DIFC Arbitration Law, redatta sulla base dell’UN Commission on International Trade Law (UNCITRAL). Si tratta quindi di una normativa ispirata a principi internazionali, che riconosce ampia autonomia alle parti – al contrario invece del Government Contracts Law. Ancora, le corti arbitrali del DIFC sono sottoposte alla supervisione della London Court of International Arbitration.
Tuttavia, pur trattandosi di un sistema all’avanguardia, restano seri dubbi sulla reale applicabilità delle diposizioni arbitrali sancite dal DIFC negli Emirati Arabi in generale. In merito, si osserva che, all’interno della Government Contracts Law, ed in particolare del citato art. 36, non si fa alcun riferimento alla possibilità di instaurare un arbitrato all’interno del DIFC e di riconoscere e applicare la DIFC Arbitration Law.
Nella descritta situazione, permangono, pertanto, molte incertezze in ordine alla concreta possibilità di interpretare in maniera estensiva il dispositivo dell’art. 36, facendo in modo che ricomprenda la DIFC Arbitration Law e che preveda che un arbitrato internazionale possa avere come sede il DIFC.

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