28 Ott Le tensioni sui mercati generate dal conflitto tra USA e Cina che incidono sulla crescita globale
Il punto di vista del’avv. Maurizio Gardenal, Studio Gardenal & Associati
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 28 ottobre 2019
Il Fondo monetario internazionale ha decisamente ridimensionato l’indice di crescita globale per il 2019 al 3% il più basso dalla grave recessione del 2009. Avvocato, cosa ne pensa delle persistenti tensioni sui mercati generate dal conflitto tra USA e Cina che incidono pesantemente sullo sviluppo?
Occorre risalire all’origine del fenomeno che è relativamente recente se si pensa che i primi inasprimenti doganali hanno interessato l’acciaio e sono stati promossi a fine marzo 2018 dal Governo statunitense. In realtà, non sembra un caso che la prima ondata punitiva segua a breve distanza di tempo una storica decisione della US International Trade Commission (ITC), che ha respinto il ricorso di uno dei colossi statunitensi del settore, accreditando la tesi sostenuta da un gruppo di major cinesi attivi nello stesso business.
Ne abbiamo parlato più diffusamente nel nostro articolo che segue: USA: storica vittoria cinese nel braccio di ferro sull’acciaio
D’altro canto, non è la prima volta negli USA che le Autorità amministrative o giudiziarie decidono casi a favore dei cinesi a danno di operatori statunitensi.
Trump, dal suo canto, non poteva ignorare la minaccia cinese al business nel quale ha sempre primeggiato e soprattutto tradire le aspettative della base elettorale che lo aveva sostenuto.
Dunque il fenomeno va ricondotto alla pressione delle lobby?
Anche se può sembrare banale, ritengo che una maggiore comprensione possa essere colta dietro le quinte degli accadimenti esteriori.
Tuttavia, il tema è più complesso e spesso è ravvisabile nelle “pieghe” delle norme che, di volta in volta, sono poste in essere per conferire dignità giuridica a determinazioni maturate in altra sede.
Basti pensare che nella spirale che si è generata e nell’intrecciarsi delle ritorsioni vi sono alcuni ambiti che ne sono rimasti sostanzialmente fuori, come quello dei farmaci ad esempio. Si veda il nostro contributo del luglio 2018, che continua ad offrire un’idea delle dinamiche che presiedono spesso alla stesura delle liste delle merci sanzionate: USA: I Prodotti farmaceutici e la moda esclusi dai dazi
Anche se naturalmente i fattori che alimentano la contrazione della crescita non dipendono esclusivamente dai confronti commerciali o tecnologici.
Quali altri eventi potrebbero essere alla base del diffondersi della crisi che affligge l’economia?
Come noto e per varie ragioni anche i dazi sono giustificati dal Governo statunitense essenzialmente in termini di sicurezza nazionale.
Alla conferenza sulla sicurezza di Monaco nel febbraio di quest’anno, Mike Pence è rimasto impassibile alle critiche della Merkel per i prospettati dazi sulle auto.
In tale occasione, la Merkel ha affermato che BMW, con il sito produttivo in South Carolina, sarebbe il primo esportare di veicoli statunitensi nel mondo e non comprenderebbe perché le BMW o le Mercedes prodotte in Germania rappresentino un pericolo per la sicurezza nazionale, mentre non lo sarebbero le stesse auto prodotte negli USA ed esportate in Europa e in Cina.
Sul punto si veda il nostro articolo: L’urto sul commercio di Washington e i nuovi mercati in ascesa
Il tema della minaccia tecnologica è più articolato, poiché il Dipartimento al commercio statunitense ha imposto una “black list” per le società straniere che minacciano la sicurezza nazionale ove compare la cinese Huawei provocando una contromisura pressoché analoga, come illustrato nel nostro articolo che segue: Cina e investimenti esteri: blacklist al posto del diritto per le entità non gradite
Tuttavia, nel braccio di ferro fra USA e Cina sovente si dimentica la variabile giuridica o più semplicemente amministrativa, come già accennato citando il caso della sorprendente decisione della ITC sul tema dell’acciaio.
Invero, nel contesto tecnologico va registrata, fra le altre, la Sentenza dello scorso 21 maggio di quest’anno del Giudice distrettuale del Northen District of California che ha condannato la Connazionale Qualcomm per violazione delle norme antitrust, confermando la decisione sul punto della US Federal Trade Commision.
Tale sentenza, che segna una battuta d’arresto per il 5G statunitense poiché boccia il modello di business di Qualcomm, potrebbe agevolare la cinese Huawei poiché stabilisce, di fatto senza distinzione di nazionalità, che Qualcomm “has to license its standard-essential patents to its competitors on so called FRAND terms fair, reasonably and non-discriminatory“.
Tanto è vero che, a distanza di una settimana, Huawei ha depositato il ricorso contro il Governo Federale dinanzi alla Corte Distrettuale Est del Texas, invocando l’annullamento dei provvedimenti restrittivi. Un’azione giudiziaria che in Cina non sarebbe concepibile per il sistema giuridico locale.
Sul punto si veda il nostro articolo: 5G: tra USA e Pechino il diritto è destino
Non da ultimo, va detto che è recentemente entrata in vigore la nuova normativa (Foreign Investment Risk Review Modernisation Act) per estendere significativamente i poteri del Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS), l’Agenzia Federale preposta a monitorare gli investimenti esteri in termini di rischi per la sicurezza nazionale.
Sarà nostra premura dedicare un articolo ad hoc sul tema, ma sin d’ora va detto che la CFIUS, sulla base dei nuovi poteri conferiti potrebbe, fra l’altro, negare l’accesso al board of directors o ad altre forme di decision-making rights ad un individuo straniero per ragioni di “sicurezza nazionale”. Dunque una riforma “federale” del diritto societario (regolato normalmente in sede statale) che non avrebbe precedenti.
Inutile dire che l’ambito complessivo di analisi è molto vasto e gli spunti segnalati possono rappresentare solo una base di avvio.
C’è un progetto in particolare che sta seguendo che vorrebbe segnalarci?
Insieme ad un caro amico il Prof. Abdallah Raweh ( si veda di seguito un Suo profilo:
PROF. ABDALLAH RAWEH «L’Italia nel cuore»), noto cardiochirurgo a livello internazionale con particolare propensione alle opere umanitarie, stiamo coltivando le relazioni fra il Governo di Dubai che ospiterà Expo nel 2020 e alcuni interlocutori internazionali che si sono distinti in vari settori, dalla tecnologia innovativa, alla tutela ambientale, alla realizzazione di nuove forme di energia, allo studio e alla implementazione di modelli di sviluppo per valorizzare le professionalità e i posti di lavoro in un equo rapporto fra robot e risorse umane, solo per citare qualche esempio.
Al progetto partecipa la Dottoressa Chiara Immordino Tedesco, fondatrice della rivista on-line Mondi e da sempre attiva nel contesto della comunicazione, in molteplici realtà del complicato scacchiere globale.
D’altro canto Dubai è uno dei Governi che maggiormente si è distinto per stabilità politica ed economica e che ha mostrato una grande apertura verso la comunità internazionale. Anche in virtù della efficiente attività di direzione profusa dal H. H Sheikh Mohammed Bin Rashid Almaktoum Dubai ha registrato nel 2018 un’impennata del 41% rispetto all’anno precedente degli investimenti esteri nel Paese.
Il clima di accoglienza e di apertura verso l’innovazione sono indici di successo del prossimo Expo e un’impareggiabile occasione d’incontro con la realtà del popolo arabo, oltre che di integrazione fra comunità provenienti da tutto il mondo.
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