La Corte Suprema inglese ridefinisce la clausola penale

di Maurizio Gardenal, Avvocato, Claudio Gardenal, Avvocato, Lucia Ricchiardi, Dottoressa, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 4 febbraio 2016

Il 4 novembre 2015, la Corte Suprema Inglese ha statuito in merito alla legittimità della clausola penale, non ammessa normalmente nell’ordinamento anglosassone, con decisione resa in ordine a due istanze di appello (cfr. link della pronuncia: clicca qui ).
Un procedimento aveva ad oggetto l’acquisto di quote societarie (Cavendish Square Holding BV v Talal El Makdessi), mentre l’altro riguardava una sanzione pecuniaria per parcheggio abusivo (ParkingEye Limited v Beavis). In entrambi i casi si trattava di stabilire se le parti avessero pattuito o meno una clausola penale.
Va precisato che le corti inglesi avevano riconosciuto validità alle clausole con le quali le parti prevedevano la dazione di una determinata somma in caso di inadempimento se il quantum prestabilito potesse essere considerato ” una corretta ed adeguata stima del danno ” a beneficio della parte non inadempiente.
Nondimeno, se il giudice riteneva che l’intento fosse non tanto quello di liquidare anticipatamente il danno, quanto piuttosto di ” punire” la parte inadempiente, la clausola veniva qualificata come penale e conseguentemente non applicata (c.d. penalty rule).
Nella recente pronuncia la Corte Suprema pur non abolendo la regola ne ha riformulato il contenuto.
Segnatamente la Corte ha – in primis – sottolineato il distinguo tra obbligazione primaria e secondaria e rilevato che la penalty rule si riferisce soltanto ai rimedi per l’inadempimento di un’obbligazione principale stabilita dal contratto. Pertanto, la clausola in parola, deve necessariamente presentare carattere di obbligazione secondaria, scaturente dalla mancata esecuzione dell’obbligazione contrattuale primaria.
Nella descritta situazione, se il contratto prevede che in caso di mancata esecuzione degli obblighi contrattuali posti a carico di una delle parti, la parte che si è resa inadempiente debba corrispondere una determinata somma, l’obbligazione di corrispondere tale importo non può qualificarsi come secondaria e, quindi, non si è in presenza di una clausola penale.
Ciò posto, la Corte Anglosassone ha osservato che non sarebbe appropriato, ai fini dell’applicazione della penalty rule, ricercare nella parte adempiente solo l’intento di “punire” chi non ha adempiuto il contratto. Un contraente ha interesse – piuttosto – alla puntuale esecuzione del contratto o, in alternativa, ad un adeguato rimedio. Tuttavia, se una clausola prevede, in caso di inadempimento, il pagamento di una somma sproporzionata e quindi non correlata al vantaggio economico che la parte può conseguire in caso di esecuzione avrà l’effetto di vanificare l’interesse stesso che presiede all’esecuzione dell’obbligazione primaria. Conseguentemente una siffatta clausola non potrà trovare ingresso.
In base alla ridefinizione della penalty rule posta in essere dalla Suprema Corte è pertanto clausola penale l’obbligazione secondaria che impone alla parte inadempiente la rimessa di una somma del tutto sproporzionata, tale da escludere qualsiasi interesse all’esecuzione dell’obbligazione primaria per la parte non inadempiente.
Le precisazioni espresse dalla Corte consentono di affermare che nel sistema inglese permane il divieto di imporre clausole “penali” sia pure con le modalità suesposte: tali considerazioni potrebbero assumere una connotazione più ampia poiché spesso in passato la “common law” brittanica è stata in seguito adottata anche da altri ordinamenti giuridici che si ispirano agli stessi principi.

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