10 Mag Condizioni generali di vendita negli USA
di Maurizio Gardenal, articolo nella newsletter Newsmercati N. 134 del 10 maggio 2012
In Italia, il contratto di vendita è regolato dal codice civile del 1942 che se ne occupa a partire dall’articolo 1470 sino all’articolo 1547. Questi 77 articoli disciplinano pertanto questo negozio giuridico in modo assai esteso.
Non è agevole rinvenire in altre giurisdizioni, in così vasta misura, l’intervento del legislatore a regolare un tema come la vendita che ha natura, principalmente, di transazione fra soggetti privati. In Italia abbiamo quindi un intervento rilevante dello Stato nella sfera dei rapporti commerciali tra operatori d’impresa.
Si sono così formate, nel nostro paese, una cultura e una prassi commerciale che non hanno ravvisato, per lo più, l’opportunità di dotarsi da sè di regole attinenti la vendita. Va detto che le norme del codice in alcuni casi sono derogabili dalle parti o hanno natura suppletiva: tuttavia, tale aspetto, non è sempre stato compreso e il ricorso allo strumento delle condizioni di vendita è stato, di fatto, scarsamente utilizzato.
Il sistema giuridico statunitense
L’argomento viene affrontato negli USA con un approccio essenzialmente diverso. Cambia innanzitutto il sistema giuridico: non siamo più in un paese ove i principali contratti che interessano la vita delle imprese sono regolati dallo Stato, bensì in un sistema nel quale, molto spesso, non vi sono normative specifiche di riferimento di natura federale.
In tali sistemi di “common law” lo Stato ha ritenuto, in linea di principio, di non doversi occupare della disciplina dei vari contratti commerciali tra operatori privati sul presupposto che debbano essere costoro, nell’ambito della vasta autonomia contrattuale ad essi riconosciuta, a negoziare le regole del loro business.
Ne consegue che negli USA si è consolidata fra gli operatori la tendenza, al contrario di quanto accade in Italia, a munirsi di regole di natura contrattuale per le definizione dei rapporti commerciali e segnatamente del contratto di vendita, data la sua indubbia importanza.
Se infatti consideriamo più da vicino l’assetto giuridico statunitense non vi troveremo una legge “ad hoc” come in Italia bensì un complesso di regole per lo più di natura giurisdizionale (ossia tratte dai principi contenuti nei casi giudicati dalle Corti) che possono variare in ciascuno dei 50 stati dell’Unione.
Tenendo conto di tali presupposti è stato condotto negli Sati Uniti un tentativo, da parte di alcuni giuristi, di pervenire a una sorta di “raccolta” di regole uniformi a tutti gli Stati che è stata pubblicata per la prima volta nel 1952 (nota come Uniform Commercial Code) e che a tutt’oggi è oggetto di dispute e di opinioni contrastanti.
La Convenzione di Vienna negli USA
Se ora volessimo indagare sulla esistenza di eventuali convenzioni internazionali di diritto uniforme potremo accertare che:
-
l’unico accordo in essere tra Italia e USA è la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci a cui entrambi aderiscono
- le regole della Convenzione trovano applicazione al contratto di vendita tra operatori dei due paesi, qualora essi non abbiano disposto diversamente.
La convenzione, invero, ha natura di legge federale (a differenza delle disposizioni di recepimento dell’Uniform Commercial Code che hanno natura statale) e dovrebbe pertanto prevalere rispetto a queste ultime.
Nondimeno, la convenzione si limita a porre in essere alcuni principi di massima che richiedono di essere integrati e meglio definiti dalle parti per dispiegare una reale efficacia nel rapporto fra esse.
In verità, la convenzione è di fatto poco conosciuta negli USA e molto spesso dimenticata nella prassi giurisdizionale, in modo particolare presso le Corti statali.
L’importanza delle condizioni di vendita negli USA
Dalle considerazioni esposte appare pertanto evidente come le condizioni di vendita negli Stati Uniti, più specificamente definite “generali” se rivolte alla generalità del pubblico, assumano una connotazione specifica e non agevolmente surrogabile, in linea generale, con altri mezzi normativi.
Nella prospettiva delineata, esse possono essere qualificate come uno strumento di governo delle norme che presiedono alla vendita dei prodotti di una determinata impresa presso il pubblico dei consumatori/utilizzatori. Pertanto, in un contesto di ampia autonomia negoziale, gli operatori italiani che commercializzano negli USA dovrebbero porre una cura particolare nell’adottarle.
Esula dal presente contributo esaminare in dettaglio il contenuto che potrebbe costituire oggetto di tali condizioni che, d’altro canto, può variare sensibilmente a seconda della natura dei prodotti, delle politiche di vendita e delle strategie di tutela giuridica che ciascuna impresa intende perseguire.
Va detto, tuttavia, che l’assunzione delle suddette condizioni negli USA riveste una connotazione doverosa se si pensa, ad esempio, alle normative in vigore in tale paese afferenti la responsabilità del produttore che divergono in modo rilevante, per certi aspetti, da quelle italiane e europee, come nel caso dei criteri di quantificazione del danno. Esse impongono, fra l’altro, una serie di cautele che dovrebbero essere accuratamente trasfuse nelle condizioni di vendita, nella prospettiva di limitare la predetta responsabilità.
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