Con la Brexit tornano di moda le Isole del Canale

Maurizio Gardenal, Avvocato, Dott. Antonio Chiappetta, Studio legale internazionale Gardenal & Associati 
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 8 marzo 2019

I leaders delle principali British Channel Islands ( Islands ) compresa Jersey ( l’Isola ) si sono recati a Londra il 4 marzo con l’obiettivo di neutralizzare la legge inglese che prevede la cessazione del segreto sulla ownership delle 76.000 società ivi domiciliate.

Il parlamento britannico avrebbe discusso l’ estensione delle misure di trasparenza fiscale alle Islands ma la sessione è terminata con una fumata nera poiché l’Ufficio di Teresa May si è affrettato a dichiarare che le ” Crown dependencies are separate jurisdictions with their own democratically elected governments. They are responsibile for their own fiscal matters”.

Il tema è tornato alla ribalta quando L’Unione Europea ( UE ) ha minacciato di inserire le Islands nella black list per il 2019: alla fine i Ministri finanziari della UE hanno rinunciato purchè i dirigenti locali si attivino per garantire stabile organizzazione economica alle offshore companies.

Il Chief Minister di Guernsey ha accolto con un sospiro di sollievo la decisone delle UE dichiarando che la sua amministrazione ” will engage directly to further strengthen our approach to economic substance”.

Conclusioni

Il caso delle Islands e in particolare di Jersey va oltre il contesto fiscale.

Dal 2011 l’Isola si è aperta all’ingesso di tecnologie avanzate in vari settori e segnatamente a quello delle telecomunicazioni e oggi può vantare un sistema di connessione internet secondo solo a Singapore.

L’Isola del Canale si appresta ad inaugurare il suo 5G network entro il 2021 con largo anticipo sul resto dell’Europa.

Non è un caso che i principali produttori di strumenti per l’utilizzo del 5G – le cinesi Huawei e ZTE e la giapponese Sony – siano sbarcati nell’Isola per mettere a punto le nuove applicazioni destinate a rivoluzionare il mobile business.

La decisione di Londra di rigettare le riserve statunitensi e autorizzare Huawei ad operare nel Regno si colloca in tale contesto: Robert Hannigan, l’ex capo della GCHQ – la UK signals intelligence agency – ha recentemente dichiarato che il National Cyber Security Centre ” had never found evidence of malicious Chinese state cyber activity through Huawei”.

D’altro canto la Cina, sin dal 2013, ha compiuto progressi e raggiunto livelli di efficienza operativa nel 5G che hanno consentito al Paese asiatico di pervenire ad un vantaggio competitivo difficilmente colmabile nel breve termine.

Con un volume di utenti stimato in 800 milioni di individui gran parte dei quali già edotti sulla mobile payment technology la Cina si prepara ad introdurre su vasta scala il 5G entro il 2020.
Jersey, nella quale frattanto sono sbarcate numerose fintech companies a supporto delle nuove ventures, sembra garantire un ambiente ideale: segretezza e tassazione pressoché inesistente e con Brexit le pressioni di Bruxelles non sono più le stesse di prima.

Nella descritta situazione e con gli operatori telefonici europei ( che sono varie centinaia in Europa a fronte di 3 principali in Cina e 4 negli USA ) in grave ritardo, il 5G asiatico si accinge a sbarcare con successo nel Regno Unito e nel Continente per impadronirsi di un business destinato a mutare volto alle dinamiche economiche globali.

Link all’articolo

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.