Restrizioni valutarie: l’esempio dell’ucraina

di Maurizio Gardenal, Avvocato, Christian Montana, Avvocato, Sara Marchese, Dottoressa, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano

Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 30 giugno 2016

Un aspetto non sempre attentamente considerato da chi opera con l’estero è quello relativo alle restrizioni valutarie, ossia le limitazioni poste dalle autorità governative o dalle banche centrali di determinati Paesi,all’esecuzione di operazioni in valuta estera.

Il problema rileva ovviamente quando a porre in essere tali provvedimenti sono Paesi la cui valuta locale è diversa dall’Euro e pertanto sono proprio le operazioni in Euro ad essere limitate.

Solo per fare qualche esempio, le restrizioni valutarie possono impattare su esportazioni, acquisti immobiliari, investimenti in società controllate o joint ventures, contratti di licenza di diritti di proprietà industriale o intellettuale.

In tutti questi casi, l’esportatore o investitore può trovare ostacoli, rallentamenti o addirittura impedimenti nel ricevere pagamenti o comunque somme di denaro a vario titolo che legittimamente gli spettano, senza potersi sostanzialmente opporre.

Le restrizioni valutarie vengono sovente adottate allo scopo di rafforzare e proteggere le valute locali nei confronti delle valute più “forti” o comunque maggiormente trattate nei mercati internazionali.

Un esempio, fra i tanti, è quello dell’Ucraina.

Da circa un paio d’anni, la Banca Centrale ucraina periodicamente emana “risoluzioni” volte a limitare varie operazioni in valuta estera, che hanno come destinatari residenti ma non solo, come ad esempio: obbligo di conversione in valuta locale di pagamenti inviati da non residenti in conti correnti in Ucraina; divieto di restituzione anticipata di finanziamenti in valuta estera; limitazioni al rimpatrio di dividendi distribuiti da società locali; divieto di prelievi da conti correnti locali, e di esportazione di valuta estera, oltre certe soglie di importo; limiti vari al pagamento di acconti da parte di importatori ucraini ad esportatori esteri in dipendenza di contratti di fornitura.

I provvedimenti più recenti sono: la “Risoluzione n.140” del 3 marzo 2016 e le successive “Risoluzioni” n.341 e n.342 entrambe del 7 giugno 2016, destinate a rimanere in vigore fino al 14 settembre di quest’anno.

Con queste due ultime misure, in realtà, le restrizioni si sono leggermente “allentate”ed in teoria questo dovrebbe anche essere il trend successivo in conformità ad accordi presi con l’FMI e nell’assunto di una futura progressiva stabilizzazione.

Il rimpatrio dei dividendi distribuiti da società ucraine a soci esteri viene così autorizzato, seppure con limiti monetari mensili; resta l’obbligo di conversione degli incassi in valuta estera (ridotto al 65%); restano limiti nell’acquisto e nei prelievi di valuta estera (seppur aumentati nell’importo); le procedure bancarie per operazioni in valuta estera vengono semplificate.

Su molte operazioni rimane tuttavia l’obbligo di ottenere la previa autorizzazione della medesima Banca Centrale, con intuibile conseguente dispendio di tempo e burocratizzazione.

Restrizioni valutarie sono, come detto, esistenti in numerosi altri Paesi anche di estrema importanza per l’export e gli investimenti (ad es. Cina, Brasile, India, ecc.). Si tratta di misure differenziate e mutevoli nel tempo, che vanno viste quindi individualmente.

Si rende pertanto necessario, per esportatori ed investitori, conoscere l’esistenza di queste misure, ed aggiornarsi sugli sviluppi, il che non è sempre agevole se non ci si avvale di consulenza specializzata.

Andranno quindi considerate le possibili ripercussioni di queste normative sull’esecuzione dei contratti con controparti in tali Paesi (vedasi ad esempio l’esimente della “forza maggiore”) ed in generale il loro impatto sui costi e rischi dell’operazione, quale essa sia, studiando le possibili cautele da adottare in via preventiva.

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