La tutela del consumatore si estende negli USA agli errori online

di Maurizio Gardenal, Avvocato, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 9 novembre 2017

Uno dei principali operatori che gestisce in via elettronica il business del noleggio auto con autista ha accettato di corrispondere la somma complessiva di 20 milioni di dollari per avere violato le norme a tutela del consumatore (di seguito “Operatore” ).

Il caso trae origine da un procedimento promosso da un individuo che pur non essendo registrato presso l’Operatore ha ricevuto una serie indesiderata di messaggi da quest’ultimo che sollecitavano a completare il “sign-up process” (di seguito “claimer” ).

In sintesi, sembra che un utente, avviando il processo di registrazione, abbia erroneamente composto il numero telefonico del claimer per completare la fase di “sign-up .

Pertanto, tutti i successivi messaggi venivano diretti al claimer anziché all’utente che persisteva frattanto a richiedere all’Operatore un “account verification number” per ultimare la registrazione.

Nella descritta situazione pervenivano al claimer ripetuti messaggi del tenore “Your account verification number is – four-digit numeric code- Enter this in our app to confirm your account “.

Nel frattempo, colui che aveva avviato la registrazione e il cui “verification code” era finito al claimer continuava a richiedere un nuovo codice non essendo in grado di concludere il sign-up con l’effetto che quest’ultimo riceveva in sequenza otto messaggi non richiesti.

Il claimer formulava istanza per danni alla Corte oltre a richiedere di imporre all’operatore un aggiornamento delle procedure al fine di scongiurare il ripetersi di errori.

Prima della conclusione della lite le parti ritenevano di affidarsi ad una procedura di “mediation” alla quale si sono associati altri assumendo di avere ricevuto messaggi automatici dall’Operatore senza avere espresso il consenso.

In particolare, molti di coloro che avevano promosso la richiesta per essere ammessi come “drivers” utilizzando la relativa applicazione ma che di fatto non erano stati riconosciuti come “active drivers” hanno contestato di avere ricevuto numerose comunicazioni non autorizzate relative al programma “Refer-a-Friend“.

Senza entrare nel merito delle singole classi di consumatori ammesse a partecipare all’azione collettiva nell’insieme l’Operatore ha riconosciuto a ciascuno dei partecipanti al procedimento l’importo di 10,000 dollari oltre alla rifusione integrale delle spese legali pari ad un terzo della somma cumulativamente concordata di 20 milioni di dollari.

L’Operatore si è obbligato inoltre a porre in essere una serie di interventi atti a rendere più efficienti le procedure utilizzate per prevenire ulteriori inadempimenti alle disposizioni previste dal TCPA ( Telephone Consumer Protection Act ).

La Corte che ha assunto il caso – la United States District Court for the Northern District of Illinois – deciderà se approvare l’accordo nel corso della udienza fissata per il prossimo 23 gennaio 2018.
La fattispecie merita attenzione perché si tratta di uno dei primi casi di rilevante entità che interessano la violazione della privacy in ambito on-line negli USA ammessa ad essere risolta con modalità “collettive”.
A fronte di un uso intenso e indiscriminato delle comunicazioni elettroniche quale oggi si verifica senza confini non vi è dubbio che occorra apprestare efficaci forme di tutela.
La suddetta vicenda poterebbe indurre ad una più attenta considerazione in relazione a ciò.

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