La Turchia recepisce la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci

di Maurizio Gardenal
Articolo pubblicato su “Newsmercati”, newsletter del Gruppo delle strutture camerali per l’internazionalizzazione.

La Turchia ha ratificato la Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci. Dal 1° agosto 2011 la Convenzione è parte del corpo di leggi nazionali di questo paese.

Il processo di adesione è stato piuttosto rapido in realtà, anche se indubbiamente tardivo in relazione alla data di avvio della Convenzione (il 1980).

La Turchia aveva accolto la Convenzione in data 7 aprile 2010 con provvedimento 2010/247 e aveva sottoposto alle Nazioni Unite la richiesta di farne parte in data 7 luglio 2010.

Dal 1 agosto 2011 la Convenzione è divenuta legge dello Stato turco a tutti gli effetti divenendo così la Turchia il settantasettesimo paese sottoscrittore.

Come noto, la Convenzione introduce una serie di norme di diritto uniforme che si applicano ai contratti di vendita di merci stipulati tra soggetti appartenenti agli stati aderenti e che, salvo eccezioni, prevalgono sulle norme nazionali.

Inutile dire che, la partecipazione della Turchia alla Convenzione costituisce un indubbio passo avanti nella direzione della certezza del diritto nei contratti di compravendita tra operatori dei due paesi.

Così, a titolo esemplificativo, se una società italiana vende un macchinario industriale (la natura della merce può essere diversa – salvo le eccezioni previste – ma il principio resta lo stesso ) a una società turca si applicheranno le norme della Convezione e non le norme nazionali sulla vendita (turche o italiane).

Entrambi i paesi sono dotati di norme nazionali sulla vendita ma, nella fattispecie, le rispettive leggi nazionali di recepimento della convezione prevalgono sulle prime che invece continueranno ad applicarsi ai contratti di vendita stipulati tra operatori locali. In altri termini, nei casi in cui una delle parti non sia della stessa nazionalità troverà applicazione la Convenzione, posto che, entrambi i paesi hanno provveduto ad introdurla nel proprio ordinamento come legge “speciale” (poiché recepisce un accodo internazionale) e quindi prevalente sulle leggi nazionali.

Nella descritta situazione, anche nel caso in cui le parti non abbiano stipulato contratto alcuno (come spesso accade) troverà applicazione di per sé la Convenzione. Nondimeno, l’assenza del contratto e l’applicazione “automatica” della Convenzione non sempre giova all’operatore italiano.

Facoltà del compratore di contestare la merce

Nel caso di contestazione di difetti della merce, la Convenzione (art. 39) dispone che il compratore debba formulare la contestazione al venditore entro un “termine ragionevole” senza ulteriori precisazioni, salvo il termine ultimo di due anni.

Inutile dire che la “ragionevolezza” del termine potrebbe condurre a ritenere valida ed efficace una doglianza formulata dal compratore anche dopo, ad esempio, 6 mesi dalla consegna della merce da parte del venditore, come è stato già stabilito in varie sentenze. La casistica insegna che più si protrae nel tempo la facoltà del compratore di contestare la merce ricevuta e maggiore è la probabilità che essa sia utilizzata con l’obbiettivo pretestuoso di sottrarsi al pagamento del prezzo e/o di introdurre obiezioni di natura strumentale.

Invero, il compratore deve potersi assumere l’onere di accertare, entro un termine breve e determinato, la conformità della merce al proprio ordine.

Il codice civile italiano (si veda l’art. 1495) fissa, invece, un termine breve e specifico: otto giorni dalla consegna (nel caso di vizi/difetti apparenti ). Pertanto, il venditore potrebbe trarre evidente vantaggio dall’applicazione di tale norma.

Cosa occorre fare a tal fine?

Si potrebbe stipulare un contratto di vendita e/o predisporre le condizioni generali di vendita prestando attenzione che siano prevalenti rispetto a quelle (se vi sono) del compratore e ivi inserire la clausola di richiamo della legge italiana sulla vendita con esclusione espressa della convenzione, quantomeno nella parte in cui dispone in merito a questo aspetto.

Non va dimenticato, infatti, che le parti possono, di comune accordo, escludere la Convenzione come legge regolatrice del contratto, in tutto o in parte. Numerosi possono essere tali esempi, ove l’una o l’altra legge appare più confacente ad una delle parti.

Conclusioni

È sempre buona norma “mettere mano” al proprio contratto senza fare affidamento semplicemente sulla Convezione la quale è frutto di una lunga trattativa internazionale con l’effetto che molte norme ivi trasfuse sono la conseguenza di compromessi tra i diversi Stati, in molti casi faticosamente raggiunti.

Inoltre, la Convenzione, non si occupa di alcuni aspetti che sono, in ogni caso, di primaria importanza come, ad esempio:

  • la validità del contratto
  • la legittimità del titolo di proprietà della merce
  • la durata dello stesso.

Va da sé che, l’ingresso della Turchia nel sistema normativo della Convenzione, non ha intaccato il principio fondamentale dell’autonomia delle parti nella determinazione delle regole che esse intendono invocare per governare il proprio business.

Al contrario, tale principio ne risulta rafforzato, sul presupposto della derogabilità della Convenzione e, pertanto, della facoltà delle parti di scegliere una legge diversa e/o, infine, di stabilire liberalmente nel contratto le clausole da esse ritenete più adeguate.

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