Cina: libero e gratuito l’uso dell’acqua per le famiglie

di Maurizio Gardenal, Avvocato, Claudio Gardenal, Avvocato, Sara Marchese, Dottoressa, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 5 ottobre 2016

Il 2 luglio del 2016 il parlamento cinese ha approvato il decreto presidenziale n. 48 che ha modificato, fra le altre, la legge del 2002 che disciplina l’utilizzo delle risorse idriche.

Tali modifiche rappresentano l’ultimo tentativo in ordine di tempo del governo cinese di monitorare l’impiego dell’acqua a fronte delle evidenti carenze.

Basti pensare che solo l’industria del carbone consuma circa 120 miliardi di metri cubi in un anno pressoché un quinto del fabbisogno complessivo nazionale.

Va ricordato che dopo il 1949 in Cina non vigeva alcuna normativa con la quale si potesse pensare all’acqua come ad una entità oggetto di diritti e obbligazioni: la gestione e la distribuzione era affidata allo Stato per “diritto naturale” sulla base della pianificazione economica diretta a livello centrale.

La prima legge in materia è del gennaio 1988 emanata con l’obiettivo di prevedere – fra l’altro – un piano di gestione delle risorse idriche a lungo termine e di introdurre un sistema di permessi pubblici per meglio governare lo sfruttamento delle risorse disponibili.

Tale normativa ha subito sostanziali modifiche nel 2002 con l’entrata in vigore di una riforma informata essenzialmente ai seguenti principi:

– L’acqua è una commodity di proprietà dello Stato: pertanto viene introdotto un sistema di licenze in ordine al suo utilizzo correlato ad un prezzo di riferimento.

– Per effetto di ciò coloro che intendono usufruire dell’acqua direttamente da un fiume, da un lago, dal sottosuolo o altrove vi sia un bacino utile sono tenuti a richiedere una specifica autorizzazione alla competente autorità e a corrispondere una fee sulla base di uno schema simile a quello dello water-drawing right in uso in molti paesi occidentali.

Giova rilevare che, nella descritta situazione, la riforma potrebbe condurre ad un “mercato” di tali diritti alla stessa stregua di quelli in essere per le commodity in altri Stati.

Invero, ciò che vale porre in evidenza sono le eccezioni previste dalle varie leggi che si sono succedute: sono sempre esenti oltre alle società cooperative no profit anche le famiglie.

In particolare, queste ultime sono esentate dalla suddetta regolamentazione e libere di utilizzare senza oneri l’acqua sia per il proprio fabbisogno domestico che per le necessità degli animali allevati nell’ambito dell’attività riconducibile al nucleo familiare.

Indubbiamente tale tutela è da apprezzare se si considera il valore che l’acqua ha assunto per lo sviluppo dell’economia di un paese dalle grandi dimensioni non solo anagrafiche come la Cina che tuttavia – nel caso di specie – ha mostrato particolare riguardo per la salvaguardia delle attività familiari.

Link all’articolo

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.