Il divieto alle normative straniere negli USA

di Maurizio Gardenal, Avvocato,  e Carlotta Colace, Dottoressa, Studio legale internazionale Gardenal & Associati di Milano

Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 20 novembre 2014

Il 4 novembre 2014, in Alabama, è stato approvato l’Emendamento 1 alla Costituzione statale del 1901 (“Amendament 1”) con il 72% di voti favorevoli. L’intento della riforma è quello di impedire all’autorità giudiziaria locale di applicare leggi straniere (“foreign laws”) che siano in contrasto con la normativa statale o che ledano i diritti fondamentali dei cittadini.
Vale la pena di ricordare che in precedenza altri sei Stati americani hanno adottato una previsione legislativa di tale natura ossia North Carolina, Arizona, Louisiana, Kansas, South Dakota, Tennessee.
Nello Stato del Missouri è stata approvata recentemente una disposizione simile; tuttavia, in seguito, è stata respinta dal Governatore dello Stato posto che ritenuta in contrasto con le procedure locali in materia di adozione internazionale. Parimenti, in Oklahoma nel 2010 è stato approvato un testo legislativo che proibiva l’applicazione della “shari’a” nelle corti statali che successivamente è stato abrogato poiché portatore di contenuti giudicati discriminatori.
Nella descritta situazione, appare utile osservare come in molti altri Stati americani si stia considerando concretamente l’introduzione di normative con contenuti analoghi o di simile portata. Ad esempio, in Florida, recentemente, il Senato ha approvato la proposta di vietare l’applicazione della foreign law in materia di diritto di famiglia.
In linea di principio, le normative in vigore nei sette Stati sopracitati stabiliscono, espressamente, il divieto per il giudice statale di applicare una foreign law che risulti essere incompatibile con la Costituzione locale nella decisione delle controversie insorte tra persone fisiche. La “ratio” di tali normative sarebbe quella di tutelare i diritti fondamentali dei cittadini garantiti dalle leggi costituzionali locali.
Inutile dire che l’ingresso di tali divieti comporta, fra l’altro, una restrizione della discrezionalità dei contraenti nella determinazione della legge applicabile ad un qualsiasi negozio giuridico (la c.d. clausola della “choice of law”). Segnatamente, la parte straniera che intenda utilizzare la propria legge nei confronti di una controparte statunitense dovrebbe premurarsi di verificare – in via preventiva – che ciò non contrasti con disposizioni di legge locale.
Invero, in difetto di quanto sopra, nei casi nei quali fosse necessario affrontare una lite o porre in esecuzione un provvedimento straniero in tali Stati, la parte interessata poterebbe soccombere con gravi conseguenze sia sul piano dei costi che in ordine all’esito conclusivo della vertenza.
Delineati in sintesi i caratteri fondamentali delle suddette disposizioni, giova comunque evidenziare che l’ambito di applicazione delle normative nei sistemi di common law viene determinato, essenzialmente, sulla base della giurisprudenza che si crea in materia. Pertanto, sebbene il divieto di applicazione della foreign law appare limitato alle persone fisiche, non si può escludere che in futuro le corti possano giungere a stabilire dei precedenti con i quali estendere l’attuazione delle suddette prescrizioni anche nei riguardi delle persone giuridiche.

Link all’articolo

 

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.