Denunzia dei vizi della merce nell’ordinamento italiano e in quello Usa

di Maurizio Gardenal
Articolo pubblicato su “Diritto 24″, rubrica del Sole24Ore.com, 1 dicembre 2011

Il tema della denunzia dei vizi della cosa venduta appare di fondamentale rilevanza poiché dispiega un impatto immediato nelle innumerevoli  transazioni commerciali che interessano gli operatori italiani che esportano verso il territorio USA.

In tale contesto,  il venditore italiano è indotto, sovente,  a cedere alla tentazione di accettare il contratto che riceve dal partner statunitense  che prevede, molto spesso, come legge applicabile al contratto, la legge dello Stato USA nel quale esso ha sede.

Invero, tale determinazione, non sempre si rivela la più saggia.

Il codice civile italiano, con le norme sulla vendita e segnatamente in forza dell’art. 1495, prevede una specifica tutela del venditore che non trova riscontro nell’ordinamento giuridico statunitense.

Tale disposizione, come noto, stabilisce che il compratore decade dalla facoltà di far valere il diritto alla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro un termine di decadenza molto breve, ossia di otto giorni, dal ricevimento della merce- nel caso di vizio apparente- o dalla scoperta, nel caso di vizio occulto.

Stabilisce altresì che l’azione giudiziale si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna.

Tali norme, con oneri  temporali così brevi  non sussistono, in linea generale, nel sistema federale USA e neppure nelle normative riconducibili ai sistemi dei singoli Stati dell’Unione.

In particolare, ogni Stato USA prevede vari termini di prescrizione e/o decadenza per l’avvio dell’azione giudiziaria ai quali pertanto, a seconda dei casi, dovrà prestarsi attenzione, normalmente non inferiori ai due anni.

Tali termini possono essere  diversi  a seconda che il vizio/difetto abbia generato solo un danno economico e/o anche una lesione fisica  e sono, in linea generale  derogabili  dalle parti, a differenza  di quanto accade in molti ordinamenti europei,  Italia compresa.

Inoltre, in alcuni Stati è previsto che, se il contratto di vendita prevede un periodo di garanzia in forma scritta  a carico del venditore,  la scadenza della garanzia così pattuita coincida anche con il termine di decadenza per l’avvio della relativa azione giudiziaria.

Alla luce di quanto sopra, si comprende come la norma italiana richiamata, fissando un onere molto breve a  pena di decadenza a beneficio del venditore sia destinata ad avvantaggiare quest’ultimo più di quanto si evinca da una confronto  con le corrispondenti disposizioni tratte dall’ordinamento USA.

Tuttavia, va ricordato che,  per invocare la norma italiana in parola potrebbe non essere sufficiente il richiamo generico, nel contratto di vendita, alla legge italiana poiché, in teoria, a tale contratto si applica, in prima battuta, la Convenzione di Vienna del  11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili alla quale aderiscono, ad oggi, sia L’Italia che gli Stati Uniti.

Tale Convenzione stabilisce che i vizi e/o i difetti del bene venduto debbano essere denunziati dal compratore al venditore entro un termine “ragionevole”.

La Convenzione, pertanto,  non prende posizione in modo specifico sul tema della durata dei termini limitandosi a richiamare il principio di ragionevolezza che, in quanto tale, non offre elementi di certezza alle parti  avuto riguardo ad un tema che richiederebbe, invece,  maggiore precisione.

Le Corti USA, nella pratica, soprattutto quelle statali, sono orientate a disapplicare la Convenzione o perché ne hanno scarsa conoscenza o perché  prediligono le norme in essere nello  Stato che appaiono  più precise e immediate nella regolamentazione di tale aspetto.

Nella descritta situazione, l’operatore italiano che intenda avvalersi dell’art. 1495 del c.c. italiano, dovrebbe richiamare, nel contratto di vendita, la legge italiana quale legge regolatrice in via esclusiva del contratto anche in deroga alla Convenzione di Vienna.

Va da sé che, accanto a questa clausola sarebbe preferibile aggiungere quella che attribuisce all’ autorità italiana ( o ad una autorità arbitrale ) la giurisdizione nel caso di controversia, ad evitare che una Corte USA debba trovarsi a giudicare sulla base di una norma italiana di cui, con ogni probabilità, non avrà conoscenza alcuna.

Nondimeno, tutto ciò, induce a pensare che la soluzione più agevole possa essere quella di negoziare con l’acquirente un termine ( che potrà essere di 30,60, 90 gg. e simili ) e di formalizzarlo in una clausola, da far parte integrante del contratto di vendita.

Il contratto di vendita è vincolante tra le parti che godono di ampia autonomia contrattuale in tale contesto  e che, pertanto,  può costituire uno strumento particolarmente efficace, a condizione , però, che esse  siano consapevoli di quali temi debbano essere complessivamente affrontati,  ivi compreso quello della denunzia dei vizi di cui abbiamo qui brevemente trattato.

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